Oggi sentiamo spesso parlare di ansia, termine molto utilizzato tra tutte le fasce d’età. Ma cosa intendiamo? Si tratta di una reazione anticipatoria in relazione ad uno  stimolo interno o esterno percepito come negativo, caratterizzata da : preoccupazione, agitazione, paura, sensazioni fisiche quali palpitazioni, vertigini, nausea, tensione muscolare, sudorazione  ecc.

L’età di insorgenza è variabile, ma in genere un disturbo d’ansia esordisce durante l’infanzia, l’adolescenza o nella prima età adulta.

Spesso sento chiedere: esiste l’ansia “buona” ? 

E’ , infatti ,fondamentale, fare una distinzione tra ansia fisiologica e ansia patologica. Nel primo caso parliamo dell’ansia che favorisce lo svolgimento di un compito, alleggerendolo, permettendoci di affrontare situazioni pericolose, grazie alle emozioni che ci consentono di adattarci all’ambiente circostante. E’ normale attraversare delle fasi delicate nel corso dello sviluppo, della crescita, è normale che queste fasi siano accompagnate da uno stato ansioso che risulterà temporaneo e utile. Nel secondo caso parliamo invece di una risposta ansiosa eccessiva in relazione alla intensità e alla durata, dunque risulterà eccessivo lo stato di allerta, vi sarà una perdita del controllo, una esagerata tensione motoria che manderà in crisi il soggetto. A lungo andare inevitabilmente l’ansia patologica condizionerà chi ne soffre e chi lo circonda, condizionerà il suo stile di vita, il suo lavoro, la qualità del suo tempo, delle sue relazioni ed emozioni, parleremo dunque di un vero e proprio disturbo di ansia.

Il panico è la forma di ansia più comune, si tratta del concetto conosciuto come “paura della paura”. I pazienti che ne soffrono percepiscono come estremamente minacciosi i sintomi somatici(battiti accelerati, tremori, dispnea ecc), in particolare quelli associati all’ansia, temono di svenire, morire, si instaura una condizione di allerta come se ci fossero ‘delle spie di allarme’ di un attacco imminente, tutto verrà generalizzato e il soggetto avrà a che fare con interpretazioni errate, convinzioni e pensieri disfunzionali. La conseguenza sarà l’evitamento che tende a ridurre il confronto con situazioni ed esperienze(supermercati, centri commerciali, feste, ascensori ecc.) , i soggetti credono di rivivere un attacco di panico e temono di non poter chiedere aiuto,  in realtà queste esperienze potrebbero falsificare le credenze e le loro convinzioni errate. 

COSA, ma soprattutto COME fare per trovare una via d’uscita?

Prima di ogni cosa è importante chiarire l’origine del disturbo, solo così si potrà lavorare sulle difficoltà e le paure per poi agire, e per fare questo è utile  che il soggetto abbia una chiara idea di cosa accada nel momento in cui percepisce uno stato ansioso: l’ansia si accompagna a vere e proprie distorsioni del pensiero, parliamo di un flusso di pensieri automatici negativi. Dunque il disturbo d’ansia coinvolge gli schemi cognitivi, le valutazioni che il soggetto fa in relazione al pericolo, in quanto si percepirà come essere fragile ed incapace di fronteggiare la minaccia. 

Attraverso una richiesta di aiuto ad un esperto il soggetto può intraprendere un percorso di cura.

Tra gli interventi psicoterapici per i disturbi d’ansia con più evidenze in letteratura troviamo la psicoterapia cognitivo-comportamentale o CBT. Lo psicoterapeuta cognitivo comportamentale potrà insegnare ad affrontare l’ansia e la paura, attraverso anche l’utilizzo di tecniche e strategie per gestire meglio le proprie emozioni, interrompendo così il circolo vizioso. 

E’ importante la qualità e la quantità del tempo che il paziente decide di dedicarsi nel corso delle sedute, agire il prima possibile è fondamentale, ma spesso si pensa che possa bastare poco per risolvere, per “uscirne”, capire che invece ci sia un lavoro importante di introspezione, breve o lungo che sia, aiuta a gestire in modo adatto il tempo dedicato alla terapia e fa sì che si crei un’alleanza importante con il terapeuta.

La CBT considera la persona nella sua unicità, con i suoi punti di forza e le sue debolezze, modificando il modo di stare in relazione con se stessa e con chi la circonda. Spesso l’ansia risulta il sintomo di un malessere del paziente più generalizzato che potrà essere approfondito in maniera adeguata nel corso della terapia. Esistono anche dei casi in cui è necessaria la collaborazione tra psicoterapeuta e psichiatra per l’utilizzo di farmaci specifici. 

In conclusione, è importante non sottovalutare la sintomatologia ansiosa e rivolgersi senza alcuna incertezza a chi ha le competenze per effettuare un corretta diagnosi, mirando a migliorare la qualità della vita.

 

Ciò che è in superficie va ben oltre a quello che il nostro sguardo può vedere” (A.Beck)

 

Dott.ssa Chiara Zappone

Specialista in Psicologia


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